Il settore biomedicale ha un mercato che in Italia è valutato circa 16,2 miliardi di euro, sommando tra loro le voci che riguardano l’export a quelle che si riferiscono al mercato interno. Le aziende che lo compongono sono poco meno di 5mila, con un’occupazione di oltre 100mila dipendenti, anche se dislocate principalmente in 5 regioni italiane. Le sole Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Veneto e Toscana, infatti, sfiorano il 90% del fatturato complessivo. Come per la maggior parte dei settori dell’economia italiana, la gran parte delle aziende che operano in questo mercato rientra nelle PMI, vale a dire le Piccole e Medie Imprese, che costituiscono il 94% del totale.
Nonostante si tratti in grande maggioranza di aziende piccole e medie, questo settore si sostiene principalmente, sempre per quanto riguarda il caso italiano, con investimenti pubblici. Il mercato interno del settore biomedicale costituisce complessivamente il 5,26% delle uscite per quanto riguarda la sanità pubblica italiana, secondo i dati raccolti da Confindustria nel 2022, con una impennata durante gli anni della pandemia dovuta al Covid-19. Pioniere in questo ambito economico è stato senza dubbio Mario Veronesi, che ha reso l’attuale distretto biomedicale di Mirandola (nei pressi di Modena), uno dei centri più all’avanguardia nel mondo per quanto riguarda il settore e capitale italiana dell’industria biomedicale. Entro un raggio di 20 chilometri si concentrano circa cinquemila impiegati complessivi e nel territorio si è verificata una profonda collaborazione con gli enti presenti sul territorio, a partire dall’istruzione universitaria.
Gli addetti del settore sono principalmente altamente specializzati, con una particolare attenzione a quella che è l’innovazione tecnologica. Quali sono perciò i percorsi di studio dei professionisti più richiesti? Sicuramente un buon punto di partenza si ha con una laurea in ingegneria biomedica, che ha come possibile sbocco finale quello di divenire specialista del prodotto biomedicale. Lo studio del settore informatico è però altrettanto cruciale per quest’ambito, in particolare l’abilità a destreggiarsi, ad esempio, nell’utilizzo delle stampanti 3D. Possibili percorsi di studio che possono poi avere un’applicazione concreta in questo settore sono farmaceutica e biotecnologie, ma in generale una formazione in ambito medico viene ugualmente apprezzata, provenienti tanto dalle università tradizionali quanto da quelle digitali come Unicusano. Infine, un ulteriore profilo che può essere ampiamente richiesto è quello del tecnico del controllo qualità: profili senior che si occupano di testare i materiali che vengono utilizzati nella produzione dei prodotti medicali.
Tutte queste grandi aziende, tuttavia, non vanno a realizzare il medesimo prodotto finale. Esistono, infatti, ben 13 specializzazioni differenti. La maggior parte delle industrie è rivolta al settore biomedicale, vale a dire circa il 30% di quelle che rientrano in questo tessuto economico. Segue una specializzazione ulteriore, vale a dire il settore biomedicale strumentale, che rappresenta però numericamente meno della metà delle aziende del primo ambito. Le altre specializzazioni riguardano i dispositivi a base di sostanze, il settore elettromedicale e servizi integrati, la diagnostica in vitro, gli ausili, il comparto della home e digital care e l’ambito dentale. Infine, i settori che vantano aziende attive ma presenti in percentuali molto minori come l’ottica, i servizi, la medicina estetica, le protesi acustiche e altro.