Il dolore può essere definito come una spiacevole esperienza sensitiva ed emotiva associata ad un danno reale o potenziale. Esso può essere diviso in due categorie, acuto e cronico. Il primo ha come funzione quello di allertare il corpo della presenza reale o meno di un determinato pericolo, mentre il secondo è un’estensione del primo, ma come risposta ad un mal adattamento al dolore. In poche parole quindi ha un’importante funzione di adattamento, ma quando questo si protrae ben oltre il tempo di guarigione, esso assume le caratteristiche della malattia cronica.
La dott.ssa Anna Cantagallo spiega che ci sono diversi tipi di dolore cronico: dall’artrite ai mal di testa ricorrenti, dalla lombalgia al dolore muscolare diffuso. Le cause del dolore cronico possono essere diverse: può derivare da una malattia o da un trauma o può essere originato dallo stress, da difficoltà nella gestione delle emozioni, da cure inefficaci ecc. Si stima che in Europa il 19% delle persone adulte soffra di dolori cronici di media o grave intensità. Il 40%, inoltre, ritiene che il trattamento seguito non sia efficace.
In base poi al tipo di dolore cronico i pazienti vengono suddivisi in:
- Pazienti che esagerano il dolore, ovvero persone che mostrano una strana reazione a questo e che spesso presentano già un quadro psicopatologico
- Pazienti con dolore obiettivo, quindi individui con un buon adattamento pre-morboso, che rispondo al dolore in maniera adeguata e con una lesione fisica ben definibile
- Pazienti con dolore caratterizzato da una componente affettiva e associativa, ovvero che si adattano poco all’andamento pre-morboso senza che ci siano riscontri fisici effettivi
- Pazienti con dolore indeterminato, quindi persone con buon adattamento pre-morboso, con una normale reazione al dolore ma in assenza di riscontri fisici reali
Di solito, per trattare il dolore cronico si utilizzano farmaci analgesici e antinfiammatori non steroidei (FANS), come indometacina, paracetamolo e ibuprofene. Tuttavia, l’assunzione continua di questi farmaci può portare effetti collaterali, come bruciore di stomaco, diarrea, nausea, vomito e addirittura lesioni alla mucosa gastrointestinale, con conseguenti emorragie, ulcere ecc.
Negli ultimi anni però per rispondere alle sempre più numerose richieste di forme di trattamento sicure, gli scienziati hanno studiato le proprietà antinfiammatorie di due spezie: zenzero e curcuma. Esse appartengono alla famiglia delle Zingiberacee e si sono dimostrate efficaci nella cura di diverse malattie croniche.
Gli effetti di queste due spezie sul dolore cronico sono stati indagati attraverso una metanalisi, condotta dai ricercatori S.E. Lakhan, C. Ford et al., che ha preso in esame diversi studi condotti in doppio cieco e con gruppo di controllo a placebo.
I pazienti erano divisi in 4 gruppi: 460 pazienti con artrite, 40 pazienti affetti da dolori cronici, 105 pazienti con dismenorrea e 50 pazienti in stato di convalescenza a seguito di un intervento chirurgico. Quelli del gruppo sperimentale assumevano giornalmente estratti di Zingiberacee in dosaggi di 300-2000 mg al giorno, mentre quelli del gruppo di controllo ricevevano un placebo. Inoltre il livello del dolore sperimentato dai pazienti veniva misurato pre e post trattamento tramite la Scala Visiva Analogica (https://nutritionj.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12937-015-0038-8). I risultati della metanalisi dimostrano che gli estratti di Zingiberacee in tutti e 4 i gruppi di pazienti riducono significativamente le sensazioni di dolore rispetto al gruppo di controllo trattato con placebo. Inoltre, l’assunzione di queste spezie in bassi dosaggi concentrati si è dimostrata una forma di trattamento sicuro nel lungo periodo. Quindi perché non iniziare a sperimentarne i benefici?
Come dice la dott.ssa Anna Cantagallo “Il dolore, soprattutto se protratto nel lungo periodo, può avere delle ricadute sul piano emotivo e cognitivo. Infatti può compromettere le proprie capacità relazionali, le proprie funzioni cognitive, come memoria, attenzione, concentrazione, con delle conseguenti ricadute sul proprio funzionamento lavorativo/scolastico.